IL REGNO D’ETRURIA (1801-1807) ovvero I BORBONE A PITTI
Potremo iniziare questo breve excursus storico con una battuta: Il Regno d’Etruria, quello
sconosciuto.
Difatti non pochi sono coloro che pur masticando un pò di storia locale, saltano dall’età
leopoldina a quella napoleonica, ignorando la fugace presenza della dinastia borbonica
alla guida della Toscana.
Artefice nel febbraio 1801 di questa creazione politico-territoriale (Trattato di Lunéville) fu
Napoleone, allora Primo Console, che ne decretò anche la fine nell’ottobre 1807 (Trattato
di Fontainbleu) in qualità di Imperatore e Re d’Italia.
Dopo aver sconfitto l’Austria, Buonaparte estense la presenza francese in Italia creando
una nuova entità territoriale al posto del Granducato degli Asburgo-Lorena, che battezzò
Regno d’Etruria, un nome che nel contesto d’inizio Ottocento gli suonava bene. Alla guida
del nuovo Stato pose due cugini di casa Borbone, Ludovico I Borbone Parma e Maria
Luisa Borbone Spagna, che tutto avrebbero immaginato fuorché trovarsi nell’estate 1801 a
Firenze in qualità di sovrani.
Ludovico, nato nel 1773 a Parma, crebbe in un ambiente non refrattario alle idee
illuministiche e mostrò attitudine soprattutto verso le scienze naturali. Le testimonianze
dell’epoca ci tramandano -con il beneficio d’inventario- una madre, Maria Amalia Asburgo
Lorena- sorella di Pietro Leopoldo-, che viveva spendendo oltre misura e che preferiva la
compagnia dei suoi cani e delle guardie del corpo al marito Ferdinando, che almeno cercò
di difendere a tutti i costi l’integrità del suo Ducato di Parma contro le manovre francesi
senza però riuscirci.
Il problema di Ludovico fu l’epilessia, diagnosticata in giovane età, che inciderà sulla sua
attività di governo e sarà la causa di morte prematura.
Nell’agosto 1795 Ludovico convolò a nozze con l’Infanta Maria Luisa, appena tredicenne.
Maria Luisa era nata nel 1782, sesta figlia di Carlo IV Borbone Spagna (di Napoli) e Maria
Luisa Borbone Parma (sorella del Duca Ferdinando di Parma). Era risaputo che il padre
fosse appassionato di caccia e lasciasse alla moglie la gestione dello Stato. La giovane fu
affidata ad una anziana dama tanto che l’istruzione fu assai scarsa. La corte spagnola
risentì più di altre della bufera napoleonica tanto che l’etichetta divenne ancora più rigida,
la religione più bigotta e l’Inquisizione riprese la sua azione.
La notizia di essere stati scelti da Napoleone come sovrani del neo-istituito Regno
d’Etruria fu accolta da Ludovico e M.Luisa con smarrimento: la Toscana era un paese a
loro sconosciuto e pregarono chi di dovere di dispensarli dal compito. Invano.
Lasciata la Spagna, la coppia dovette recarsi prima a Parigi (maggio 1801) per omaggiare
Bonaparte, che voleva dimostrare all’Europa il suo trionfo, in quanto come figlio della
rivoluzione francese avallava la creazione di una monarchia, legata ai Borbone (dopo
neppure dieci anni dalla decapitazione di Luigi XVI), su un trono retto fino a poco tempo
prima da un illuminato austriaco.
Era il 12 agosto 1801 quando i due Borbone giunsero a Firenze accolti da Gioacchino
Murat, allora comandante in capo delle truppe francesi in Italia, da una fanfara, dai fochi
sulla Torre di Arnolfo e dai nobili al Teatro della Pergola. A parte ciò il loro insediamento aPalazzo Pitti non fu trionfale perché la Reggia era stata saccheggiata dalle truppe francesi,
in città ormai dal 1799.
Un nuovo cerimoniale a Palazzo Pitti ci pare l’ultimo dei problemi che i Borbone si
trovarono ad affrontare, anche se in un secondo momento l’etichetta “spagnoleggiante”
con una Corte numerosa e sfarzosa avrebbe causato uno dei capitoli del debito pubblico
in Toscana.
La situazione politica ereditata dai neo-sovrani era burrascosa a causa delle truppe
austro-russe e francesi, dei patrioti giacobini, dei liberali e degli attivisti del movimento
aretino dei “Viva Maria”; il nuovo Regno non fu poi guidato da una classe politica capace;
la situazione finanziaria era vicina al tracollo per le ingenti somme destinate al
mantenimento delle truppe francesi tanto che il debito pubblico alimentava se stesso; la
situazione economica era aggravata dalla decadenza del commercio, dagli scarsi raccolti
e dal caroviveri che fomentarono tumulti e disordini.
Nei pochi anni d’esistenza del Regno di Ludovico I, che morì nel maggio 1803, e della Regina
Maria Luisa (Reggente per conto del figlio Carlo Ludovico) i problemi non solo non trovarono
soluzione ma si aggiunsero ad altri, come ad esempio la difesa contro le pretese francesi di
Livorno, una città che rivestiva un ruolo poco inferiore a quello di Firenze, se non equivalente per
l’importanza del suo porto i cui introiti rappresentavano una notevole fonte di reddito x l’Erario. La
strategia francese era infatti volta a controllare il territorio labronico per impedire il commercio
marittimo agli Inglesi nel Mediterraneo fino a imporre l’embargo delle merci dei nemici della
Francia (1803).
Inoltre a cavallo tra il 1804 e 1805 la Toscana fu investita da una serie di eventi naturali e
imprevedibili che aggravarono il deficit pubblico, come l’epidemia di febbre gialla a Livorno con
l’approntamento del cordone sanitario così penalizzante per l’economia toscana, le scosse
telluriche nel Senese e nel Pisano che lasciarono numerosi toscani senza tetto e l’alluvione nel
Pisano che devastò ettari di pianure fertili.
Uno degli aspetti che caratterizzarono la presenza borbonica in Toscana fu la politica di
“ricristianizzazione” della società portata avanti attraverso il ritorno ad una religiosità esteriore, se
non bigotta, e alla devozione popolare così lontana dal periodo leopoldino.
Nel campo della sanità pubblica, invece, Ludovico I e Maria Luisa s’impegnarono seriamente per
migliorare le condizioni di salute dei loro sudditi: ricordiamo la nascita pediatria moderna a Firenze
nell’aprile 1802 grazie alle lezioni di “malattie degli infanti”, tenute dal prof. G.Palloni presso
l’Ospizio degli Innocenti; l’istituzione della prima cattedra al mondo di Dermatologia e Malattie
Mentali a Pisa; un’attenzione particolare fu rivolta all’accoglienza dei bambini abbandonati, vera
piaga in quegli anni e la nascita del Liceo (1807) presso La Specola con le cattedre di astronomia,
fisica, chimica, anatomia comparata, botanica, zoologia e minerologia.
Intanto però il destino del Regno stava volgendo al termine: i sei anni di presenza dei Borbone in
Toscana si possono riassume in una lotta continua dei sovrani e del governo etrusco per difendersi
dalla continua pressione francese in campo politico, economico e finanziario volta ad affossare
qualsiasi tentativo d’indipendenza. Il regno era nato con un vizio di origine: una dinastia straniera
imposta alla Toscana da un altro governo straniero.
Una volta impostosi sulla Rusisa e la Prussia Napoleone si disfece anche della Spagna, fino a quel
momento sua alleata. Ciò decretò nell’ottobre 1807 la fine del Regno di Etruria: Maria Luisa lasciò
Firenze il 10 dic 1807.
Era la fine di un gov di “donnicciuole, bigotti e pettegoli”, scrisse il cronista fiorentino
Giuseppe Conti, “ e sembra che nessun toscano lo abbia rimpianto”.