History of Arezzo
La storia di Arezzo parte da molto lontano. Probabilmente già abitata da genti italiche, nell’VIII sec. è segnalato un insediamento etrusco. Nel VI sec. Arezzo, era una delle più forti e possenti lucumonie etrusche e doveva avere un posto di preminenza nella Confederazione delle 12 grandi città-stato.
Anche lo storico latino Tito Livio la dice antica, ricca e potente città; tutto ciò è testimoniato da numerosi e importantissimi reperti archeologici, che dimostrano lo splendore delle arti e l’altissimo livello qualitativo dell'artigianato aretino in epoca antica. Delle possenti mura che cingevano l'etrusca Arezzo, lodate da Vitruvio, non rimangono oggi che pochi ruderi sul pendio del colle di San Cornelio; la città che si estendeva verso la valle aveva la forma di croce, come ricorda il nome della porta Colcitrone, che significava "crucifera ". Furono i Romani ad abbattere le forti e belle mura della città, che a lungo e valorosamente avevano resistito alla loro espansione. Ben presto Arezzo, come del resto tutte le città della Confederazione etrusca, si trovò ad essere attratta nell'orbita della nuova città romulea, che si palesava pericolosa rivale; ma la forte lucumonia tentò con ogni modo di salvare la propria indipendenza, ora stringendo patti di alleanza ed amichevoli relazioni commerciali, ora contrastando apertamente o per bocca di ambasciatori o con la forza delle armi. Così, per esempio, nel 294 a. c. Arezzo concluse con Roma un trattato di reciproco aiuto, per cui ottenne un esercito romano contro i Galli Senoni che avevano oltrepassato il Po e la minacciavano ormai da vicino; per questo intervento armato la città si salvò dall’invasione. All'epoca della seconda guerra punica Arezzo si dimostrò alleata fedele di Roma, tanto che i suoi abitanti ebbero, in riconoscimento della loro fedeltà, la cittadinanza romana e furono aggregati alla tribù Pomptina. In seguito le legioni di Roma occuparono progressivamente tutta quanta la Penisola ed il valore dei cittadini aretini non fu sufficiente a salvare Arezzo dalla conquista romana. Abbattute le mura, gli aretini furono costretti a servire i colonizzatori, ad erigere i colonnati delle basiliche o gli anfiteatri sopra le loro antiche necropoli. Tuttavia nuove strade e nuovi acquedotti furono costruiti, i commerci furono incrementati e la città etrusca fu trasformata in una importante stazione militare romana sulla Via Cassia, con grande impulso all'arte dei vasai. Mentre Mario e Silla si contendevano il dominio di Arezzo, sorgeva nella romana Arretium l'arte figulina. La finissima, quasi impalpabile argilla che ancor’oggi si trova in abbondanza nel terreno intorno ad Arezzo, fece nascere l'idea di riprodurre in terra cotta, i magnifici vasi d'argento e d'oro che Mario aveva riportato da Atene; le riproduzioni effettuate dai più esperti vecchi vasai etruschi guidati da schiavi greci o operai fatti venire espressamente dalla Grecia, emularono ben presto la fama dei vasi di Samo, di Pergamo, di Samotracia. Erano anfore, tazze, boccali o semplici piatti, utilizzati comunemente dal popolo o dalle legioni romane. Verso la fine del I secolo a. c. gli «Arretina vasa» erano divenuti così famosi, da essere ricercati non solo in tutta la Penisola Italica, ma anche nelle Gallie, nella Spagna, nell'Africa Settentrionale. Si calcola che ad Arezzo, esistevano più di cento fabbriche con numerosi operai; le più famose erano le botteghe, delle famiglie Perennius, Rasinius, Memmia, nomi che si leggono a rilievo in numerosissimi vasi o frammenti, come sigillo di fabbricazione.
L'avvento del Cristianesimo fece decadere quest'arte, perchè l'ornamentazione dei vasi era ispirata agli antichi miti o a scene di vita pagana; a poco a poco le celebri fabbriche di vasellame iniziarono a chiudere la loro attività e degli splendidi vasi aretini si perse persino la memoria, fino a che, in epoca moderna, gli scavi ne riportarono alla luce splendidi esemplari, oggi in bella mostra presso il Museo Archeologico di Arezzo. Nell'epoca romana l’industria dei cosiddetti vasi aretini era così sviluppata da rendere ricca e rinomata la città, che si abbellì di splendide ville con pavimenti a mosaico, di sontuosi edifici pubblici, di terme e di teatri. Tuttavia Arezzo, che si trovava sulla grande strada di transito, finì per essere campo di battaglia fra le orde barbariche calate dal nord e gli eserciti romani inviati ad impedire il passaggio; dovette così subire più volte assalti, saccheggi e distruzioni. Fu occupata dai Longobardi, poi dai Franchi; quindi passò a far parte del Marchesato di Toscana.
Nel frattempo era andata aumentando l'autorità dei vescovi; il Cristianesimo si era diffuso molto presto in Arezzo e già nel IV secolo la Chiesa aretina era in efficienza e ben organizzata.
Ad Arezzo, come del resto in moltissime altre città d'Italia in quel periodo, i vescovi assunsero il ruolo di strenui difensori della romanità, imponendosi col prestigio dell'autorità spirituale agli stessi barbari invasori. Poco dopo il Mille anche ad Arezzo cominciarono a prender vita quegli ordinamenti democratici, quelle organizzazioni politiche, che porteranno alla costituzione del libero Comune. Tuttavia la vita della popolazione e la floridezza cittadina erano basate quasi solo sull'agricoltura; perciò i nobili feudatari e prima di tutti il vescovo-conte, i quali possedevano quasi tutte le terre del contado, conservarono sempre un posto preminente ed una grande autorità nella politica del Comune. Nel frattempo Firenze si era andata ingrandendo ed aveva potuto sviluppare un fiorente artigianato e varie industrie; mirava quindi ad espandere la sua sfera d'influenza politica e ad acquisire nuovi mercati per lo smercio dei suoi prodotti. Nella seconda metà del secolo XIII Arezzo lottò a lungo contro Firenze e gli altri comuni guelfi di Toscana. Nel I287 Fiorentini e Senesi alleati assediarono Arezzo, strenuamente difesa dal popolo guidato dal suo vescovo Guglielmino degli Ubertini, ma fallirono e si allontanarono. Gli Aretini li inseguirono e sconfissero decisamente i Senesi a Pieve del Toppo (1288); sul campo di battaglia rimase ucciso anche Lano da Siena, come ricorda l'Alighieri. L'anno seguente però tutti i guelfi di Toscana si coalizzarono contro Arezzo e gli altri Comuni ghibellini e nella famosa battaglia di Campaldino, l'11 giugno 1289, li batterono rovinosamente. In questo periodo, pur tanto burrascoso e non sempre fortunato, che va dall'inizio del secolo XIII alla morte di Guido dei Tarlati (1327), Arezzo conseguì una magnificenza ed una floridezza mai prima e mai più dopo godute: vi convenivano i migliori artisti dell'epoca, chiamati a costruire nuove chiese e nuovi palazzi o a decorare quelli già esistenti; fioriva L'università, dalla quale uscivano eccelsi teologi e rinomati giuristi. Ma dopo la morte del grande Vescovo e Signore cominciò la decadenza, e dieci anni più tardi la città fu ceduta alla rivale Firenze, perdendo così definitivamente la sua libertà. Gli Aretini, tuttavia, non subirono tale perdita rimanendo passivi; al contrario, tra la fine del XIV e l’inizio del XVI secolo più volte insorsero tentando di riconquistare l'indipendenza.
Con l’avvento del Granducato di Toscana la cittadinanza gradualmente abbandonò l'idea di ribellarsi. Seguì un lungo periodo di calma, turbata solo nel 1799 dall'invasione delle napoleoniche truppe francesi. Con il 1815, dopo il Congresso di Vienna, Arezzo e tutta la provincia tornarono a far parte del ricostituito Granducato di Toscana, finché nel 1861 in seguito a plebiscito fu annessa al Regno d'Italia.