Le chiese di Firenze
Firenze è una città ricca di chiese, ne esistono in tutta la città circa 150, molte delle quali sono dei veri e propri gioielli architettonici e custodiscono importanti opere d’arte. Di seguito intendiamo presentare quelle che meritano assolutamente una visita da parte di chi si fermi anche per poco in questa incredibile città.
Santa Maria Del Fiore (Duomo)
La chiesa di Santa Maria del Fiore di Firenze (meglio conosciuta come il Duomo) è stata il risultato di un progetto architettonico di Arnolfo di Cambio iniziato nel 1296.
La cupola è opera di Filippo Brunelleschi, mentre la facciata è stata terminata nel tardo ottocento.
La cupola del Duomo di Firenze (Ottagonale, 46 metri di diametro alla base, 114,5 metri di altezza) fu costruita senza l'uso di sostegni per sorreggere gli archi ma usando una tecnica studiata scrupolosamente da Brunelleschi che lottò anche con lo scetticismo dei concittadini. Obiettivo del progetto era quello di alleggerire l'imponente struttura e usare sofisticate tecniche di costruzione avvalendosi di macchine innovative. Brunelleschi vinse il concorso indetto nel 1418 ma all'artista ne venne affiancato un altro: Ghiberti.
Questo non piacque al Brunelleschi che minacciò di strappare il proprio progetto ma poi sfidò il Ghiberti cedendogli i propri studi. Dopo poco tempo Ghiberti si arrese, ammettendo la propria incapacità a capire gli scritti del Brunelleschi. Così tutto tornò in mano al legittimo proprietario che partì con la costruzione: era l'anno 1420. L'interno della chiesa è piuttosto sobrio se si eccettuano le pitture della cupola che formano il più vasto ciclo murale con soggetto sacro che si conosca. Una superficie di circa 3600 mq di dipinti eseguiti ad una altezza che arriva fino a 90 metri.
Tra i tanti artisti che hanno lavorato in duomo possiamo citare Paolo Uccello, Andrea del Castagno, Giorgio Vasari, Federico Zuccari. Tra i tanti nomi che hanno partecipato al progetto (oltre ai già citati Brunelleschi, Arnolfo di Cambio, Ghiberti) citiamo Giotto, Andrea Pisano, FrancescoTalenti.
Il rivestimento esterno è costituito da marmi bianchi di Carrara, marmi rossi di Siena e marmi verdi di Prato; la lanterna in cima alla cupola fu montata nel 1461, la facciata fu completata addirittura nel 1886.
Da ricordare che a pochi passi dalla chiesa di Santa Maria del Fiore possiamo trovare anche il Battistero ed il Campanile di Giotto.
Dal 1294 i Fiorentini decisero di sostituire l’antica Reparata “ch’era di molto grossa forma e di piccola a comparazione di siffatta cittade” – così attesta la cronaca trecentesca di Giovanni Villani – con un Duomo nuovo che prenderà in seguito il nome di Santa Maria del Fiore, alludendo il suo titolo al giglio dello stemma di Firenze. Una chiesa dunque che per dimensioni e ricchezza rappresentasse degnamente la città: il primo progetto, comunque destinato ad influenzare l’aspetto definitivo dell’edificio che troverà compimento molto più tardi, fu di Arnolfo di Cambio, architetto e scultore formatosi con Nicola Pisano, esperto dell’arte meridionale e romana, che concepisce una basilica di spazialità classica con tre ampie nevate confluenti nel “trifoglio” delle tribune, a loro volte innestate sulla vasta cavità della cupola. Arnolfo inizia la costruzione della facciata e nel 1301, alla sua morte, la decorazione con statue e marmi policromi è completata fino alla metà dell’altezza. Interrotta la costruzione, essa non riprenderà fattivamente se non dopo il 1357 – nel frattempo, sotto la guida di Giotto e d’Andrea da Pontedera si innalza il campanile – sulla base di un nuovo progetto di Francesco Talenti: si stabilisce la scansione ritmica delle campate (quadrate nella navata centrale, rettangolari in quelle laterali) nel braccio longitudinale e si pone “con molto trionfo di campane, d’organi e di canti… il primo fondamento della prima colonna”: la costruzione della navata procederà speditamente con Talenti prima e, dal 1364 al 1370, con Giovanni di Lapo Ghini; in questa data è definito il progetto delle parti absidali con il giro delle tribune che riprende, ampliando il “trifoglio” del progetto arnolfiano e determina la luce della cupola (45 m circa di diametro), la cui copertura tanti gravi problemi tecnici porrà ai costruttori. Nel 1418 affrontando la progettazione della cupola prima Brunelleschi, affiancato dal Ghiberti, poi il solo Brunelleschi che, con geniale intuizione formale e gran sapienza tecnica, troverà la soluzione ottimale: la cupola, interamente voltata nel 1436, è completata con la lanterna, dopo la morte del maestro, nel 1468.
La cupola del Duomo
Dopo aver perso il concorso per la seconda porta del Battistero di Firenze, Brunelleschi parte insieme a Donatello per Roma, dove si stabilì per circa dieci anni. In questo periodo studiò in particolar modo il mondo classico. Tornato a Firenze nel 1416, partecipa al concorso per la costruzione della cupola di S. Maria del Fiore. Per realizzare tale progetto si dovevano risolvere dei problemi di natura tecnica e formale. Era infatti difficile trovare le maestranze in grado di portare avanti un progetto talmente ambizioso nonché le stesse attrezzature che occorrevano alla sua realizzazione. Un altro problema era quello di riuscire a costruire una cupola che si inserisse perfettamente nel contesto architettonico preesistente.
La base della cupola era già stata realizzata, ed aveva una forma ottagonale, elemento che avrebbe senz'altro influenzato la stesura del progetto. Brunelleschi progetta una cupola autoportante, che quindi non aveva bisogno di centine o impalcature per essere realizzata, e con una forma ad ogiva tipica del periodo gotico. La cupola è formata da due strati paralleli; la parte interna, più spessa e pesante di quella esterna, scarica il proprio peso sulla parte interna tramite elementi orizzontali; le due cupole sono autoportanti grazie ad una struttura a "spina di pesce". Con questa struttura ogni mattone scarica il proprio peso su quello precedente, e l'ultimo sulla base della cupola. La struttura a spina di pesce è tipica dell'età romana e Brunelleschi infatti trae spunto dal Pantheon. In questo modo si venivano a creare spazi tra i mattoni di una volta e quelli della volta accanto, questi spazi vennero colmati da elementi che collocati fra una vela ed un'altra bloccavano le spinte laterali dei mattoni.
Questi costoloni sono di cotto nella parte interna e di marmo bianco di Carrara nella parte esterna. Fra le due cupole c'è una scala che serviva agli operai per montare le vele. Tutta la cupola si conclude in alto con una lanterna di marmo bianco, alla quale convergono gli otto costoloni. Il tamburo della cupola non era preparato a sostenere un peso così grande, quindi Brunelleschi progettò dei contrafforti, detti "tribune morte", decorati all'esterno con nicchie cieche intervallate da colonne binate con fusto liscio e capitello corinzio. Queste tribune morte creano con le tre absidi un'alternanza di pieni e di vuoti.
Orsanmichele
Sul luogo, in via Calzaiuoli, a metà strada tra il duomo di Santa Maria del Fiore e Palazzo Vecchio esisteva un monastero femminile con vasti terreni ad orto, nel quale un primitivo oratorio fu sostituito intorno alla metà dell'VIII secolo dalla piccola chiesa dedicata a San Michele Arcangelo, chiamata San Michele in Orto (da cui deriva il nome di "Orsanmichele").
La chiesa fu eliminata intorno al 1240 per far posto ad una loggia destinata a mercato delle granaglie. Una prima loggia venne eretta ad opera probabilmente di Arnolfo di Cambio nel 1290. Distrutto questo da un incendio nel 1304, venne ricostruita tra il 1337 e il 1350 da Francesco Talenti, Neri di Fioravante e Benci di Cione, di maggiori dimensioni e a pianta rettangolare. Sui pilastri esterni le corporazioni cittadine delle Arti, su incarico dalla Signoria, nel 1339 fecero erigere 14 tabernacoli con statue dei santi patroni, scolpite a partire dagli inizi del XV secolo dai maggiori artisti del tempo.
Nel 1380 l'edificio venne sopraelevato di due piani per ospitare le riserve di grano, e vennero quindi chiuse le arcate del piano inferiore da Simone Talenti per ospitarvi un edificio di culto, nuovamente dedicato a San Michele. I lavori terminarono nel 1404.
L'edificio era sede della potente confraternita della Madonna di San Michele in Orto. Nel 1569 il granduca Cosimo I insediò ai piani superiori l'Archivio Notarile (oggi spostato), affidando l'adattamento dei saloni al Buontalenti.
L'Orsanmichele ha subito importanti restauri dalla metà del XIX secolo fino ad oggi. Nel 1996 fu aperto al pubblico il Museo di Orsanmichele, nei piani superiori, per ospitare le sculture che per ragioni di conservazione sono in corso di rimozione dall'esterno dell'edificio, sostituite da copie. Solo recentemente sono state esposte tutte e quattordici statue dei tabernacoli, oggetto di lunghi e complessi restuari, terminati con il rientro del San Matteo di Lorenzo Ghiberti solo nel 2005; all'ultimo piano sono raccolte invece le quaranta piccole sculture che decoravano le colonnine delle trifore esterne, seppur ormai già molto danneggiate dagli agenti atmosferici e quasi illeggibili.
Per accedere ai piani superiori esiste una ripida scala a chiocciola nel pilastro d'angolo nord-ovest oppure si può passare dall'edificio di fronte, il Palazzo dell'Arte della Lana, attraverso l'archetto che collega i due palazzi, formando uno scorcio pittoresco della città fra i più famosi, soprattutto grazie alle stampe ottocentesche su Firenze. Per esigenze di sicurezza soltanto questo secondo passaggio è usato per accedere al museo.
La sala inferiore ospita la chiesa dedicata a Sant'Anna, che ha una rarissima struttura a due navate, eredità della struttura del mercato del grano, ed è coperta da sei volte a crociera che sostengono i saloni superiori. All'interno si trova il tabernacolo costruito da Andrea Orcagna tra il 1349 e il 1359 per ospitare la Vergine col Bambino e gli Angeli (dipinto di Bernardo Daddi del 1347), che sostituiva un'immagine miracolosa, la Madonna di Orsanmichele (di Ugolino da Siena) un tempo collocata sui pilastri della prima loggia e probabilmente bruciata nell'incendio del 1304.
Affreschi del XV secolo (ricoperti da un'intonacatura nel XVIII secolo e riscoperti durante i restauri del XIX secolo) ornano i pilastri, alcune delle pareti e gli spicchi delle volte. Il ciclo pittorico delle volte, eseguito nel 1398-1399 rappresenta personaggi dell'Antico e del Nuovo Testamento, secondo un programma iconografico concepito da Franco Sacchetti.
Sulle lunette delle trifore sono presenti vetrate del XIV secolo, opera di Niccolò di Pietro Tedesco con storie dei miracoli di Maria e dell'immagine miracolosa della Madonna di Orsanmichele.
Sull'altare di Sant'Anna si trova il gruppo scultoreo in marmo con la Vergine col Bambino e Sant'Anna, opera di Francesco di Giuliano da Sangallo (1526); Questo sostituisce un'immagine dipinta commissionata dalla Signoria in ringraziamento per la cacciata da Firenze di Gualtieri di Brienne, noto come Duca d'Atene, che ebbe inizio con una sollevazione popolare il giorno di Sant'Anna, il 26 luglio 1343.
Recentemente la chiesa di Orsanmichele ha ricevuto un generoso lascito da una cittadina americana che ha permesso il restauro e la realizzazione di calchi delle statue esterne.
Da tempo scenario di molti concerti di musica colta, la Chiesa di Orsanmichele è divenuta nel 2006 rettoria, riprendendo regolare servizio liturgico con costante animazione musicale e organizzando concerti a ingresso libero ogni domenica pomeriggio. Nella Chiesa, alla sinistra dell'altare è posto un organo meccanico costruito dalla rinomata ditta organaria Tamburini di Crema.
Santa Maria Novella
Santa Maria Novella era il centro dell'ordine domenicano a Firenze. La chiesa conserva uno stile romanico all'esterno con i marmi bianchi e verdi con disegni geometrici ed uno stile gotico al suo interno.
La sua costruzione fu iniziata nel 1246 e completata nella prima metà del 1300 da Jacopo Talenti: la bellissima facciata fu ripresa nella metà del XV secolo da Leon Battista Alberti.
All'interno, è possibile ammirare il crocifisso di legno dipinto da Giotto per il convento nonché l’affresco con la famosa Trinità di Masaccio. La decorazione interna è stata curata dai maggiori artisti del XIV secolo. La cura e la bellezza dei suoi ornamenti può essere riassunta con il nome di Michelangelo il quale chiamava la chiesa di Santa Maria Novella "La mia sposa".
All'interno è presente il chiostro e sul lato settentrionale il Convento (Convento di Santa Maria Novella).
La Facciata
Ricostruita su una preesistente, la facciata di S. Maria Novella che oggi noi vediamo è stata progettata nel 1456 da Leon Battista Alberti su commissione del mercante Bernardo Ruccellai. Questo ricco signore fiorentino presentò il progetto all’ Alberti per esaltare la propria famiglia e ottenere la grazia divina, infatti fece incidere il nome del padre sulla facciata.
Rispetto alla facciata del tempio Malatestiano, creata ex novo, l’intervento a S. Maria Novella era più complesso,poiché andavano mantenuti elementi preesistenti: in basso le tombe inquadrate da archi a sesto acuto e i portali laterali; superiormente era già stabilita la quota di apertura del rosone. In basso, Alberti inserì al centro un portale classico, e pose una serie di archetti a tutto sesto a conclusione delle lunghe paraste addossate alla facciata; proseguì superiormente con un secondo ordine di paraste a sostegno di un frontone triangolare. Il problema era quello di legare le due parti, l’inferiore e la superiore, perché la prima risultava essere una commistione gotico-rinascimentale; adottò allora un altissimo attico liscio come cerniera che al contempo univa e separava le due parti e mascherava le eventuali contraddizioni (per es. il fatto che le lesene esterne della parte superiore non hanno corrispondenza in quella inferiore) e completò la composizione con incrostazioni a tarsia ispirate al romanico fiorentino, come nella facciata di S. Miniato, che fusero ancor più le parti tra loro. Due eleganti volute colmavano gli angoli d’ incontro dell’attico e dell’ordine superiore, mascherando gli spioventi del tetto. Ne risultò un’opera piena di armonia. Vi è infatti un gioco nascosto di proporzioni che razionalizzano l’insieme e anche se la decorazione a tarsie contraddice tale intelaiatura armonica, essa non inficia il risultato finale, anzi evita che una eccessiva regolarità possa dar luogo a un risultato monotono. Il segreto della bellezza e dell’armonia nella facciata di S. Maria Novella è rivelata dalla sottile rete di rapporti modulari che lega le parti tra loro e queste all’insieme. La facciata s’inscrive perfettamente in un quadrato avente un lato coincidente con la linea di base della chiesa. Dividendo in quattro tale forma di base si ottengono quattro quadrati minori equivalenti alle pareti fondamentali della facciata: due di essi, accostati, inquadrano la zona inferiore; in uno di essi si inscrive perfettamente l’ordine superiore. Aggiungiamo ancora che spartendo in quattro i quadrati minori si ottengono quadrilateri ancora più piccoli (1/16 del quadrato di partenza) che, a loro volta, determinano altre misure dell’edificio, per esempio quelle delle volute laterali dell’ordine superiore. Passando poi a esaminare altre parti della costruzione si possono stabilire ulteriori relazioni. Se analizziamo nel piano superiore la misura del rosone rispetto a quella dei tondi a intarsio che ornano il timpano e le volute laterali, vediamo che il diametro del tondo inscritto nel timpano corrisponde alla metà di quella del rosone sommato alla sua cornice. E ancora: la campata del portale è di altezza pari a una volta e mezzo la sua larghezza (segue dunque un rapporto di 2/3).
I lati dei quadrati intarsiati sulla fascia-cerniera che separa gli ordini inferiore e superiore misurano un terzo dell’altezza della fascia stessa e corrispondono al doppio del diametro delle colonne che sostengono l’ordine inferiore. Si potrebbe proseguire in questo tipo d’analisi e si scoprirebbero così altri rapporti e corrispondenze, che permettono di concludere, con le parole dello storico dell’architettura Franco Borsi, secondo cui “l’esigenza teorica dell’Alberti di mantenere in tutto l’edificio la medesima proporzione, è qui stata osservata; ed è appunto la stretta applicazione di una serie continua di rapporti che denuncia il carattere non medievale di questa facciata e ne fa il primo grande esempio di eurythmia del Rinascimento.
San Lorenzo
La chiesa di San Lorenzo è la più antica di Firenze ed è stata consacrata nel 393 da S.Ambrogio e dedicata al martire Lorenzo; dell'originale costruzione poco è arrivato fino ai nostri giorni.
La chiesa di San Lorenzo a Firenze fu costruita per 2 volte: una nel 1059 (in stile romanico) e la seconda (grazie anche all'apporto della famiglia dei Medici che volle farne un tempio personale) secondo il progetto di Brunelleschi (dal 1418 al 1421) e, dopo la sua morte, ultimata da Antonio Manetti nel 1461.
L'ultima ristrutturazione,quella che oggi possiamo ammirare, è considerata una delle migliori costruzioni del rinascimento. La facciata rimane non finita nonostante esistesse un progetto di Michelangelo che però non venne mai realizzato.
L'interno della chiesa è diviso in 3 navate ed ogni navata è composta da arcate: tutto questo, grazie anche ai candidi colori, crea un'atmosfera suggestiva.
La chiesa fu abbellita dai più famosi artisti fiorentini dell'epoca e tutt'oggi risulta integra nonostante i vari rifacimenti del XIX secolo.
La sacrestia vecchia è opera del Brunelleschi con decorazioni in terracotta di Donatello Nella cupola della stessa sacrestia è presente un affresco che raffigura un piccolo planetario nel quale sono raffigurati con precisione unica i corpi celesti che componevano il cielo di Firenze nell'estate del 1442.
Nel 1418 Brunelleschi stese un piano per la ricostruzione della chiesa agostiniana di S. Lorenzo, che era la chiesa parrocchiale dei Medici; di conseguenza la sua storia è sempre stata molto legata alle sorti della potente famiglia. Quando i lavori erano già a buon punto, una serie di rovesci finanziari costrinse all’esilio Cosimo de’ Medici, e ciò comportò l’improvvisa chiusura del cantiere, che non riaprì fino al 1442, quattro anni prima della morte di Brunelleschi. Di conseguenza l’esterno della chiesa non fu portato a termine e rimase d’impronta nettamente romanica. Ora la facciata riflette la semplicità dell’interno brunelleschiano. Questo presenta una netta preferenza per il muro pieno, sebbene abbia finestre sulle facciate laterali e una serie di alti pilastri corinzi che sorreggono archi a tutto tondo; viene applicato il modello delle prime basiliche della cristianità, con te navate e il tetto piatto, segno di semplice austerità. Brunelleschi introduce all’interno di questo sistema un modulo matematico, che ben si confaceva al suo spirito razionalista e minimalista: usa la campata quadrata per costituire uno spazio armonico e ripetitivo che domina sia la navata, che consta di quattro moduli, che il transetto. Lo spazio è scandito dalle cappelle laterali e da una sapiente distribuzione della luce. Accanto al tema basilicale che domina la chiesa, Brunelleschi recupera in questo complesso architettonico anche un'altra forma della tradizione, cioè la pianta centrale, che viene applicata nella Sacrestia Vecchia. Formata dal coordinamento di due puri elementi geometrici, è un vano cubico (in cui si apre una piccola cappella pure a pianta quadrata) sormontato da una cupola emisferica a vele, raccordata alle pareti da pennacchi. Ogni parete è definita da quattro colonne corinzie su cui poggia una trabeazione che corre lungo le pareti. L’essenziale decorazione è rigorosamente a due toni: i muri sono dipinti in bianco, mentre la grigia pietra serena sottolinea le principale linee di forza. Per concludere, nel complesso di S. Lorenzo Brunelleschi proponeva il suo nuovo tipo di chiesa, accentuatamente classicheggiante, irrorata dalla luce per una netta evidenza architettonica (e non misticamente penombrata come in precedenza), assolutamente regolare e simmetrica. E’ una chiesa in cui si avverte una componente razionale e laica, una scansione misurata, che predominano sul precedente senso corale, religioso, collettivistico.
SS Annunziata
La chiesa sorse come oratorio dei frati dell'Ordine dei Servi di Maria. Fu ricostruita tra il 1444 ed il 1481 da Michelozzo con l'aiuto di P. Portigiani e Antonio Manetti. Quest'ultimo, su consiglio di Leon Battista Alberti, modificò in parte la tribuna circolare per la quale Michelozzo si era ispirato alla Rotonda di Santa Maria degli Angeli di Brunelleschi.
La facciata è preceduta da un portico con sette arcate su colonne, dal quale si entra nell'atrio o chiostrino dei voti, ornato da affreschi del Rosso Fiorentino, Pontormo, Andrea del Sarto, ed altri.
Dal portale a sinistra dell'atrio si entra nel Chiostro dei Morti, architettura rinascimentale di P. Portigiani su disegno di Michelozzo. Diverse le opere presenti: la Madonna del Sacco di Andrea del Sarto, un crocifisso in legno attribuito ad Antonio da Sangallo, tra la altre cose terracotte dei della Robbia.
Santa Croce
La grandiosa basilica è probabilmente opera di Arnolfo di Cambio, che vi avrebbe lavorato a partire dal 1294-1295, anche se non abbiamo documenti scritti che lo confermino. Fu edificata a spese della popolazione della Repubblica fiorentina e sorse su una precedente piccola chiesetta che i francescani avevano costruito in seguito al loro arrivo in città nel 1252, in un luogo ancora fuori dalle mura, a pochi anni dalla morte di San Francesco. La chiesa venne terminata circa 90 anni dopo, ma fu consacrata solo nel 1444. La basilica ha continuato ad essere arricchita e modificata nei sette secoli dalla sua fondazione, acquisendo sempre nuovi connotati simbolici: da chiesa francescana a "municipio" religioso per le grandi famiglie e le corporazioni, da laboratorio e bottega artistica a centro teologico, da "pantheon" delle glorie italiane a luogo di riferimento della storia politica dell'Italia pre e post-unitaria. Alcune trasformazioni infatti furono conseguenza di precise vicissitudini storiche e politiche, come le trasformazioni compiute dal Vasari alla metà del XVI secolo (causate anche dai restauri dopo una disastrosa alluvione) o l'impegno profuso nell'Ottocento per trasformare Santa Croce nel grande mausoleo della storia italiana.
Nel 1966 l'alluvione di Firenze inflisse gravissimi danni al complesso della basilica e del convento, situati nella parte più bassa di Firenze, tanto da diventare tristemente nota come simbolo delle perdite artistiche subite dalla città (soprattutto con la distruzione del Crocifisso di Cimabue), ma anche della sua rinascita dal fango, attraverso la capillare opera di restauro e di conservazione.
Arnolfo, rispettando in qualche modo lo spirito francescano, disegnò una chiesa con una pianta volutamente spoglia, con ampie aperture destinate all'illuminazione delle pareti sulle quali, come già in altre chiese francescane prima fra tutte quella di Assisi, dovevano essere affrescati grandi cicli figurativi destinati a narrare al popolo analfabeta le Sacre scritture (la cosiddetta Bibbia dei Poveri).
San Miniato
La chiesa di San Miniato a Firenze è stata iniziata nel XI secolo ed è, dopo il Battistero, la più alta testimonianza di stile romanico Fiorentino.
Il monastero benedettino femminile risaliva all’età carolingia, ma la chiesa viene totalmente rinnovata a partire dal 1018 per volontà del vescovo Ildebrando.
La “facciata a salienti” è rivestita da marmi bicromi (bianco e verde). Al pian terreno la decorazione è principalmente architettonica: 5 arcate su semicolonne corinzie che inquadrano i 3 portali d’accesso alla chiesa e 2 finti portali chiusi. Nell’ordine superiore 4 lesene scanalate sono sormontate da un timpano,ed è inoltre presente un mosaico rappresentante Cristo tra la Madonna e San Miniato ed un'aquila di rame dorato simbolo dell’arte di calimala.
Il campanile della chiesa crollò nel 1499 e fu poi ricostruito secondo i progetti di Baccio d'Agnolo: durante l'assedio delle truppe imperiali (1530) lo stesso campanile venne trasformato da Michelangelo in postazione di difesa.
Solo più tardi, verso il 1870, furono costruiti il cimitero monumentale e la scalinata che collega la chiesa di San Miniato al Piazzale Michelangelo.
L'interno della chiesa è strutturato in 3 navate divise da colonne ed il pavimento è in marmo e raffigura i segni dello zodiaco.
Nella navata di destra sono presenti numerosi affreschi del XIV secolo; tra gli autori Spinello Aretino. Nella navata centrale si trova l'edicola del Michelozzo ed una tavola di Agnolo Gaddi raffigurante l'annunciazione e San Miniato. Dalla navata di sinistra è possibile accedere alla cappella del cardinale del Portogallo (1437) di Antonio Manetti (allievo del Brunelleschi), realizzata in memoria del nipote del re Alfonso di Portogallo: all'interno troviamo vari affreschi e la tomba del cardinale. In fondo alla navata centrale possiamo ammirare la cappella del crocifisso costruita da Michelozzo intorno alla metà del XV secolo su incarico di Piero di Cosimo dè Medici. All'interno inoltre possiamo trovare marmi risalenti ad edifici di epoca romana ed altre opere tra le quali il crocifisso opera di Luca della Robbia.
A destra della chiesa si trova il palazzo dei vescovi costruito nel 1295 come residenza estiva dei vescovi fiorentini e la fortezza costruita sotto la direzione di Michelangelo intorno alla metà del XVI secolo: all'interno della fortezza si trova il cimitero monumentale.
Santa Trinita
Nonostante la facciata in pietra di gusto tardo cinquecentesco, dovuta a B. Buontalenti, la chiesa di S. Trinita è, per il suo interno trecentesco a croce egizia, fra le più belle realizzazioni gotiche della città.
L'interno è a tre navate divise da pilastri su cui poggiano archi a sesto acuto e volte a crociera. I restauri compiuti in seguito ai danni provocati dall'alluvione, hanno eliminato i falsi decorativi del principio del secolo, riportando alla bellezza originaria gli affreschi delle cappelle. Vi si trovano fra l'altro, un'Annunciazione di Lorenzo Monaco, la tomba Federighi, marmorea creazione di Luca della Robbia, mentre del Ghirlandaio sono gli affreschi della Cappella Sassetti e l'Adorazione dei pastori sull'altare.
Santo Spirito
In fondo all'omonima piazza sorge la chiesa agostiniana di S. Spirito, iniziata nel 1444 dal Brunelleschi, ma continuata ed ultimata quasi del tutto dal suo allievo Antonio Manetti ed altri artisti, su modello lasciato dal Maestro, con l'aggiunta di varianti piuttosto infelici. Fu completata solo nel 1487.
La semplice facciata ad intonaco non sembra celare una delle più pure creazioni del Rinascimento, la cui armonia ed eleganza mostrano sicuramente l'impronta brunelleschiana.
L'interno è diviso in tre navate da colonne monolitiche con capitelli corinzi sormontati da trabeazione. Ospita alcune mirabili opere d'arte, come la Madonna in trono e Santi di Filippo Lippi, o le sculture di A. Sansovino nella Cappella Corbinelli.
Il disegno del vestibolo, con stupenda volta a botte a cassettoni, è di Giuliano da Sangallo ma la realizzazione è del Cronaca (1492-1494).
Anche il disegno della sagrestia a pianta ottagonale, costruita fra il 1489 ed il 1492, è di Giuliano da Sangallo.
A sinistra della chiesa si trova l'ingresso al Cenacolo di S. Spirito, affrescato dall'Orcagna, i cui dipinti sono purtroppo fortemente danneggiati. Il Cenacolo è sede della fondazione Salvatore Romano che raccoglie oltre ad affreschi staccati, sculture romaniche e rinascimentali, mobili ed elementi architettonici.
Santa Maria del Carmine
La chiesa iniziata nel 1268 e terminata nel 1476, conserva sui fianchi tracce dell'originaria struttura romanico-gotica. Nel 1771 fu in parte distrutta da un incendio che risparmiò l'esterno, la sagrestia e le cappelle Brancacci e Corsini. Fu rifatta internamente da G. Ruggieri e G. Mannaioni, che la ultimò nel 1782.
L’interno settecentesco, a croce latina,presenta un' unica navata.
In fondo al braccio destro della crociera si apre la famosa Cappella Brancacci (1386). Gli affreschi di Masaccio, che con quelli di Masolino e di Filippino Lippi ornano la cappella, sono fra le più alte creazioni della pittura italiana. Furono studiati da tutti i pittori del rinascimento, come l' Angelico, Andrea del Castagno, Lippi, Verrocchio, Botticelli, Ghirlandaio, Perugino, Leonardo, Michelangelo, Raffaello, fino ad arrivare ai primi manieristi.
La “Cacciata dal Paradiso” a cui si ispireranno sia Raffaello che Michelangelo e il “Pagamento del tributo”, sono i capolavori di Masaccio.
La decorazione della cappella rimase interrotta per diversi anni per cause non del tutto chiare.