La città di Siena
La storia
Generosamente la storia si è incarnata in Siena, facendone uno dei luoghi in cui meglio ci si può specchiare in un passato lontano secoli, ma percepibile come sempre presente, attraverso voci e immagini di questa città, ancora capace di mescolare la tradizione con la modernità.
Siena etrusca, Siena romana?
Le origini della città sono ancora in buona parte da scoprire. Il nome potrebbe derivare da un paronimo etrusco (Sanae) e nel territorio dove oggi sorge lo Spedale Santa Maria della Scala sono stati trovati resti di sepolture etrusche. I primi documenti scritti che parlino di Siena sono però del s. I d.c. e il nome che troviamo è Sena Julia, colonia romana stabilitasi, probabilmente nel territorio già etrusco. I seguenti documenti ci portano direttamente all’età longobarda, quando Siena è sede di Gastaldo. Furono poi i Franchi a prendere il posto dei Gastaldi e il Vescovo assunse sempre maggiore importanza politica.
La Repubblica di Siena
Con lo svilupparsi dei commerci sulla via Francigena, che già in epoca longobarda era la principale via di comunicazione nord-sud della Penisola, anche Siena inizio un’espansione che porto a sviluppare nuovi centri aditati sulle 2 colline prospicienti quella detta di Castelvecchio, dove si situa la fondazione romana. Durante il s. XII vennero ad assumere maggiore importanza policia i rappresentanti dei ceti produttivi, i Consoli, che nel s. XIII, portarono alla creazione della Repubblica con il suo complesso sistema istituzionale. Fin dall’inizio però l’aristocrazia, legata al potere vescovile o a quello imperiale si contrappose alla borghesia mercantile e poi finanziaria, che a Siena ebbe grande sviluppo e ricchezza. Anche i legami con Roma furono stretti ma anche conflittuali, anche quando c’era un Papa Senese, come nel caso di Alessandro III (1110-1181), uomo della nobile famiglia locale dei Bianchi-Bandinelli, che soi contrappose con successo allo Svevo Imperatore Federico I Barbarossa.
Nel s. XIII si ebbe un incredibile incremento demografico, tanto che Siena raggiunse i 48.000 abitanti ca. alla fine del secolo continuando a crescere fino alle crisi del secolo successivo.
E’ l’epoca del governo ghibellino dei 24, quello che portò alla vittoria dei senesi nella Battaglia di Montaperti (4/09/1260).
La Battaglia di Montaperti
La Battaglia di Montaperti vide fronteggiarsi, il 4 settembre 1260, gli eserciti Guelfo (Fiorentino) e Ghibellino (Senese) in uno dei più sanguinosi eventi causati dalle secolari rivalità commerciali e territorialitra le due potenti città toscane.
Nonostante la superiorità numerica dei fiorentini (l'armata Guelfa era composta da 3000 cavalieri e 30000 fanti, mentre l'armata Ghibellina da solo 1600 cavalieri e 18000 fanti) i senesi riportarono una vittoria schiacciante dopo 11 ore di battaglia ininterrotta. Le perdite dell'esercito Guelfo furono stimate in circa 10.000 morti e 15.000 prigionieri mentre i Ghibellini persero solo 600 uomini con 400 feriti!
Tra le ragioni della vittoria dei senesi, oltre ad una superiorità strategica e una migliore posizione sul campo sembra sia stato decisivo il famoso tradimento di Bocca degli Abati (condannato da Dante, proprio a causa del suo tradimento, nel profondo girone infernale, l'Antenora, in cui i traditori politici giacciono completamente immersi nel ghiaccio, come il Poeta ci racconta nel canto XXXII dell'Inferno).
Il governo dei nove
Ma la vittoria di Montaperti fu seguita dalla sconfitta nel 1269 che i senesi subirono a Colle Val d’Elsa e che ebbe come conseguenza l’ascesa dei guelfi al potere nella repubblica e l’istituzione del governo dei Nove, che resse Siena fino al 1353. Furono i Nove riorganizzare la città nel modo in cui la conosciamo oggi, dando a Piazza del Campo il suo aspetto attuale e costruendo il Palazzo Pubblico, fu sotto di loro che furono terminati i Bottini, l’acquedotto che tutt’oggi attraversa le viscere della città. E’ in questo periodo che Siena raggiunge il suo splendore, anche grazie ai grandi pittori, ai cistercensi di San Galgano, amministratori degli uffici pubblici e spesso anche architetti. Ma è anche l’epoca delle grandi crisi, le carestie degli anni ’30, fino alla peste bubbonica del 1348, che a Siena raggiunge il suo apice uccidendo fin quasi all’80% dei suoi abitanti. E’ in questo periodo che il più grande progetto della città, la costruzione del Duomo nuovo, viene interrotta per non essere mai completata.
La grande peste del 1348
Prima della peste del 1348 Siena era rapidamente cresciuta, tanto che le autorità avevano ampliato le mura per riuscire a comprendere fino al doppio degli abitanti dell’epoca, calcolati in oltre 50.000. La peste esplose inattesa e il contagio si diffuse così velocemente che non c’era tempo per scavare le fosse per i morti, che venivano buttati in cumuli, appena coperti di terra. Dietro al Palazzo Pubblico si era formato un quartiere di poveri che fu spazzato via dall’epidemia. Era proprio il sovraffollamento delle città dell’epoca che provocò la strage, raccontata dalle parole dei cronisti dell’epoca e dalle testimonianze di chi, come Ambrogio Lorenzetti, fece frettolosamente testamento, presagendo la fine, che, come nel caso del pittore, arrivo per lui per tutta la sua famiglia.
Dall’instabilità della fine del ‘300 fino alla fine della Repubblica
Dal 1348 al 1555 la Repubblica di Siena vive due secoli ricchi di avvenimenti politici e popolati da figure importanti ma anche lunghi periodi di crisi che culminano con la Guerra di Siena.
Furono gli anni di Santa Caterina(1347-80) e San Bernardino (1380-1444), che rappresentarono la risposta religiosa alla crisi dell’epoca. Fu l’epoca delle guerre che videro Siena sempre dalla parte opposta di Firenze. Prima di Firenze, nel 1371 a Siena esplose una rivolta di operai, i Ciompi del Bruco guidati da Barbicane, che riuscirono a influenzare il governo della Repubblica per lungo tempo creando il “Monte del Popolo”. Nel 1399 la città si dette a Giangaleazzo Visconti, proprio in funzione anti-fiorentina, ma anche per mettere fine ai continui scontri tra fazioni. La situazione economica, che fino all’inizio del ‘300 era stata florida e in continua crescita, era in uno stato di crisi costante, con le manifatture ormai ridotte a un livello puramente locale e i “banchi” ormai lontani dalla forza che ebbero quelli dei Buonsignori (banchieri del Papa) o i Tolomei (banchieri del Re di Francia) o da quello dei Medici di Firenze. Comunque nel ‘400 la Repubblica continuò a rafforzare la sua presenza sul territorio del Sud della Toscana, segnando con il simbolo della Balzana e della Lupa la Maremma, l’Amiata, la Val di Chiana, la Val d’Orcia.
Anche Siena ebbe il suo Magnifico, era Pandolfo Petrucci, che fu fino al 1512 “Moderatore” della Repubblica, unica esperienza dittatoriale della storia di Siena, il suo Palazzo si chiama del Magnifico e si trova in via dei Pellegrini. Alla morte di Pandolfo la città si trovò di nuovo nelle mani delle oligarchie che non riuscirono a salvare l’indipendenza della Repubblica. Già nel 1527 gli spagnoli si erano insediati a Siena, venendo poco dopo cacciati, nel 1554 l’Impero e la Firenze di Cosimo I de’Medici sferrarono l’attacco finale, anche perché Siena era rimasta l’ultimo caposaldo italiano legato alla Francia.
La guerra di Siena
La lenta decadenza della Repubblica di Siena, avvelenata da lotte intestine, da una perdita di competitività commerciale, raggiunse l'epilogo nel 1555, anno in cui, dopo la drammatica e tragica Guerra di Siena la città si arrende dopo un anno e mezzo di assedio da parte delle truppe spagnole di Carlo V e dei suoi alleati fiorentini. L'imperatore, l'uomo più potente del mondo di allora e senz'altro uno degli uomini più potenti che la storia abbia mai visto, doveva vendicare l'offesa ricevuta. Quindi, inviò in Italia una forza d'assedio a cui si affiancarono le truppe fiorentine. Da ricordare di questa guerra, oltre alla tragicità con i fiorentini che ordinano di massacrare tutti coloro che cercassero di portare rifornementi alla città assediata, è uno degli ultimi atti d'eroismo dei senesi, che non si arresero tanto facilmente. Aggrappandosi al proprio orgoglio ed al proprio amore per la libertà, si esiliarono a Montalcino creando la "Repubblica di Siena ritirata in Montalcino" con lo scopo di riordinare le forze e organizzare la resistenza. Gli esuli, lanciarono un grido d'aiuto a tutti i possedimenti della Repubblica, straordinariamente tutte le fortezze, le città e i borghi dello stato senese, nel momento più buio della sua storia storia rimasero vicini a Siena, testimoniando come il "Buongoverno" si fosse avvertito anche in comunità che comunque erano state conquistate. In realtà, Siena aveva un governo fortemente decentrato e non opprimente, quindi, si può ben capire come città come Grosseto e altre, che nel corso della storia si erano ribellate al dominio senese, adesso fossero pronti a difenderla volontariamente. La realtà, è che tutti erano spaventati dal diventare una periferia di un grande impero che abbracciava ben due continenti. La guerra finì, Carlo V abdicò ed il suo successore Filippo II, che non aveva alcun interesse per il territorio senese vendette la città ai Medici.
Siena negli ultimi 5 secoli
Questo lungo lasso di tempo, durante il quale la città è rimasta in ombra, ricordata solo da intellettuali stranieri nei loro diari di viaggio, ha permesso alla città di maturare l’aspetto e la vita che oggi le si riconoscono. Le Contrade e il Palio sono un fenomeno nato in conseguenza della conquista fiorentina, il Monte dei Paschi oggi terza banca italiana, è stato e rimane un punto fondamentale per l’economia cittadina e della città di cui è ancora proprietà. L’anima gotica della città è anche una conseguenza del riconoscersi della città nel suo passato. Oggi la città conta 53.000 abitanti, ma anche 22.000 studenti nell’Università fondata nel 1240 e sempre sostenuta dal Governo cittadino, e infine quasi 5 milioni di visitatori, alla ricerca del segreto della storia di questa Terra.
IL PALIO
Il Palio è una complessa manifestazione organizzata dal Comune di Siena. Lo corrono due volte l'anno - il 2 luglio (Palio di Provenzano) e il 16 agosto (Palio dell'Assunta) - 10 contrade, le 7 che non hanno disputato la Carriera dell'anno precedente e altre 3 estratte a sorte. Ad ogni rione viene assegnato per sorteggio un cavallo dei 10 selezionati tra quelli fisicamente idonei. L'assegnazione avviene la mattina del 29 giugno per il Palio di luglio, del 13 agosto per quello di agosto: è la Tratta, il primo appuntamento di una Festa che dura 4 giorni.
La Carriera è preceduta da 6 corse di prova, che si svolgono tre la mattina e tre la sera dei quattro giorni, durante le quali il fantino, scelto dalla Contrada, prende dimestichezza con il cavallo. L'ultima delle prove di sera è chiamata Prova Generale mentre l'ultima prova in assoluto - corsa la mattina del Palio - è detta Provaccia.
La corsa del Palio consiste in tre giri di Piazza del Campo, su una pista di tufo tracciata nell'anello sovrastante la conchiglia. Si parte dalla Mossa, formata da due canapi dentro i quali si dispongono 9 contrade in un ordine stabilito per sorteggio. Quando entra l'ultima, la rincorsa, viene abbassato il canape anteriore e data la partenza.
Vince la Contrada il cui cavallo, con o senza fantino, arriva primo al termine dei tre giri.
Il premio è il Palio, o Drappellone, realizzato ogni anno da un artista selezionato dal Comune. Un premio ambito che la contrada vincitrice custodirà per sempre nel suo museo.
Le contrade: sono 17 dal 1739 quando la Governatrice di Siena, Violante di Baviera né stabilì i confini dando loro per la prima volta un riconoscimento ufficiale. Le contrade sviluppano il loro territorio solo all’interno della cerchia delle mura, e hanno nomi che hanno tradizioni medievali. Esistono secolari rivalità e allenze che si sono sviluppate nel tempo, l’Oca e la Torre sono da sempre nemiche, come la Tartuca e la Chiocciola, la Lupa e l’Istrice, la Pantera e l’Aquila, il Nicchio e il Valdimontone, la Civetta e il Leocorno, a Torre ha una seconda nemica: l’Onda, mentre Bruco e Giraffa hanno di recente risolto la loro rivalità, tradizionalmente senza nemici Selva e Drago. Ogni contrada ha strutture fisiche e gruppi di contradaioli, si tratta di vere comunità umane l’appartenenza alle quali si ottiene tramite il Battesimo Contradaiolo, che ognuna effettua il giorno del Santo Titolare con l’acqua della montanina di ogni rione.
MONUMENTI
Siena è da secoli divisa in 3 terzieri. La nostra carrellata sulla città inizia con una descrizione generale di essi.
Terzo di Città
Contrade: Tartuca, Chiocciola, Pantera, Aquila, Selva, Onda
Terzo di Camollia
Contrade: Istrice, Drago, Lupa, Giraffa, Bruco, Oca
Terzo di San Martino
Contrade: Torre, Valdimontone, Leocorno, Nicchio, Civetta
Il Duomo
La cattedrale di Siena rinchiude in se gli elementi fondamentali del genio italiano, nell’architettura, pittura e scultura. Poche altre chiese al mondo possono annoverare i capolavori contenuti qui e nessuna ha un pavimento così bello e imponente.
Il primo documento che parli del Duomo è legato alla consacrazione fatta da Papa Lucio III nel 1178. Il Duomo sorge su un preesistente edificio sacro, a sua volta costruito su un antico tempio dedicato a Minerva. La sua edificazione iniziò alla metà del XII secolo, le parti essenziali erano terminate già nel 1215 mentre la cupola fu eretta tra il 1259 e il 1264.
Costruito a croce latina e a tre navate, fu rivestito da fasce bianche e nere di marmo in riferimento alla balzana: lo stemma araldico di Siena. Tra il 1284 e il 1296, si costruì la parte inferiore della facciata (la cui esecuzione spetta con ogni probabilità a Giovanni Pisano) e nel 1317 si iniziò il prolungamento verso la retrostante “Valle Piatta”.
La Chiesa, pur così ampliata, non rispondeva pienamente alle esigenze del Comune, inoltre nei senesi forte era il desiderio di competere con la vicina Firenze che in quegli anni andava costruendo la immensa mole di Santa Maria del Fiore, fu così concepito l’ambizioso progetto di innalzare un tempio colossale e fare di esso la cattedrale più grande d’Europa.
Nel 1339, sotto la direzione di Lando di Pietro, si intraprendeva la costruzione del cosiddetto “Duomo Nuovo”. Ben presto però le tristi condizioni economiche in cui venne a trovarsi la città dopo la famosa peste del 1348, le vicende politiche, soprattutto alcuni gravi errori di statica, obbligarono i senesi ad abbandonare il loro progetto; l’impresa fu interrotta (i grandiosi e preziosi avanzi del “facciatone”, sono una testimonianza di ciò che avrebbe rappresentato la Grande Cattedrale) e fu portata a termine la vecchia costruzione: negli anni posteriori al 1376 Giovanni di Cecco ne completava la parte superiore della facciata, ispirandosi a quella del Duomo di Orvieto. Il Duomo ha una splendida facciata, in marmi policromi con una ricca decorazione scultorea: è romanico-gotica nella parte inferiore, aperta a tre portali (opera di Giovanni Pisano); è in stile gotico-fiorito nella parte superiore (di Giovanni di Cecco) e reca mosaici ottocenteschi nelle tre cuspidi.
Il campanile è romanico, a fasce bianche e nere, e sorge su un’antica torre presentando sei ordini di finestre, è inoltre coronato da una cuspide a piramide ottagonale e da pinnacoli laterali.
All’interno del Duomo la policromia dei marmi riprende il motivo esterno, l’ambiente è ricco di penombre e di misteriosi giochi di luce. Le volte dipinte in azzurro e stelle d’oro furono sopraelevate nel secolo XIV, così che il ballatoio esterno della cupola appare parzialmente internato. Tra gli archi e le volte della navata maggiore ricorre una cornice sostenuta da 172 busti di stucco del secolo XVI, rappresentanti i “Primi Pontefici”, sotto i quali si trovano altri busti di 36 imperatori.
Il pavimento venne completamente istoriato a commesso marmoreo, a graffito e a tarsia, tra il 1369 e il 1547 (abitualmente esso è, per ragioni di conservazione, in parte ricoperto da un tavolato in corrispondenza della cupola e del presbiterio), sono 56 riquadri che offrono una visione del tema della salvezza a cui lavorano oltre 40 artisti, quasi tutti senesi.
Vicino ai primi pilastri, sono poste due acquasantiere scolpite da Antonio Federighi nel 1462-63. La cupola ha pianta esagonale in basso ma dodecagonale in alto ed è decorata da statue in stucco dorato di santi, poste nelle nicchie della base; la calotta asimmetrica che la ricopre reca invece 42 figure di patriarchi e profeti, dipinte alla fine del XV secolo. Baldassare Petruzzi nel 1532 realizzò il complesso marmoreo dell’altare maggiore, il tabernacolo bronzeo che lo domina è opera del Vecchietta (1467-1472), a Duccio di Buoninsegna si deve l’enorme vetrata policroma dell’abside. A sinistra il pergamo di Nicola e Giovanni Pisano (1266-68) capolavoro della scultura gotica, sulla stessa navata si apre la cappella di San Giovanni Battista con la sua figura scolpita nel 1457 da Donatello, segue l’entrata monumentale alla Libreria Piccolomini, fondata nel 1495 dal Cardinale Francesco Todeschini Piccolomini (poi Papa Pio III), per conservare la biblioteca dello zio (Papa Pio II) e l’altare della stessa famiglia commissionato ad Andrea Bregno agli inizi del Cinquecento, che ospita 4 sculture di Michelangelo. Sulla navata di sinistra, la cappella della Madonna del Voto, o cappella Chigi, voluta dal Papa senese Alessandro VII su disegno di Bernini nel 1661.
La facciata invece è un capolavoro del s. XIII che si deve soprattutto a Giovanni Pisano
Il Battistero
Con la sua facciata marmorea che guarda verso il centro di Siena, questa Chiesa, dedicata al Battista, fu costruita dal 1316 in avanti dai migliori architetti senesi allievi di Giovanni Pisano. L’interno è ricchissimo di testimonianze artistiche, a partire dall’eccezionale fonte battesimale, per il quale furono ingaggiati i migliori artisti dell’epoca: Jacopo della Quercia, Lorenzo Ghiberti e Donatello, che ha lasciato qui una delle sue più belle prove nel pannello bronzeo della “Decollazione del Battista”. Alle pareti e sulle vele delle volte gotiche, gli affreschi di Vecchietta, del bolognese Agostino di Marsiglio, del senese Benvenuto di Giovanni, che con quelli dell’Orioli rappresentano una testimonianza dell’arte rinascimentale a Siena.
La Cripta del Duomo
È una delle scoperte archeologiche più importanti degli ultimi anni, infatti è stato un intervento di tipo archeologico che ha permesso, dopo una scoperta casuale, di riportare alla luce un locale, “la confessione” che faceva parte della parte inferiore del Duomo prima dei grandi lavori di ampliamento della parte absidale dell’inizio del ‘300. In questo ambiente di incommensurabile fascino si possono vedere affreschi databili tra 1275 e 1280, attribuiti a Dietisalvi di Speme e agli altri pittori pre-ducceschi che costituirono la prima scuola di pittura senese. Le storie rappresentate sono si dell’antico che del nuovo Testamento, ma i più belli illustrano sulla stessa parete la Crocefissione. Solo da tre anni la Cripta è aperta al pubblico.
Piazza del Campo
Non esiste altro luogo che riassuma in se tutto quello che è Siena. Il Palio, che qui si corre, il Palazzo Pubblico, simbolo dele libertà comunali e dell’unità della comunità, la Fonte Gaia terminale dell’acquedoto che i senesi costruirono nel s. XIV e che funziona ancora oggi, i nove spicchi della conchiglia della piazza, che ricordano il numero dei priori del governo che fece di Siena una città tra le più prospere d’Europa. Un anfiteatro circondato da Palazzi e torri sotto le quali i visitatori possono sedersi ai caffè e ristoranti eccetto che nei giorni del Palio a luglio e agosto.
Il Palazzo Pubblico e Torre del Mangia
Il Palazzo Pubblico di Siena (detto anche Palazzo Comunale), è considerato un perfetto esempio di architettura gotica civile nel mondo, in passato fu residenza della Signoria e del Podestà, e quindi sede del Comune.
E’ l’edificio più importante, verso il quale tutta Piazza del campo sembra tendere per forza di gravità.
Fino al 1270 con il Governo dei Ventiquattro, il governo della città, aveva sede nella curia della Chiesa di San Pellegrino, fu nella seconda metà del Duecento che venne presa la decisione di costruire il palazzo, in un primo momento vennero adattati alcuni locali che ospitavano la dogana poi, tra il 1293 e il 1297, sotto il governo dei Nove, presero il via la progettazione e la realizzazione di un nuovo più ampio edificio (era necessario che questo potesse ospitare i governi che, nell’assumere la carica, si impegnavano a non uscire mai dal palazzo se non nei giorni di festa).
Nella prima metà del Trecento venne realizzato il salone del Gran Consiglio, e vennero aggiunti i due corpi laterali. Il corpo mediano della facciata è a tre piani superiori, le ali a due piani, il cui secondo piano fu costruito solo nel 1680, mantiene lo stile originale e bilancia la mole dei palazzi circostanti.
Nella parte inferiore del palazzo, in pietra, compare una successione di caratteristici archi senesi (a sesto ribassato sormontati da un’ogiva), superiormente è a laterizi con trifore. Il grande disco di rame col monogramma di Cristo vi fu collocato nel 1425 e serve a ricordare che in quella piazza predicò San Bernardino.
Il Palazzo Pubblico è attualmente sede degli uffici dell’amministrazione comunale, al primo piano si trova il Museo Civico aperto al pubblico, che raccoglie opere di straordinario valore artistico.
Sul lato sinistro del Palazzo Pubblico, svetta la Torre del Mangia, che si può definire un miracolo di architettura di leggerezza ed eleganza. Il nome curioso della Torre, si deve al suo primo campanaro Giovanni di Duccio, soprannominato il Mangiaguadagni, che nel 1347 fu incaricato di scandire le ore.
Nel 1325 una processione solenne accompagnò la posa delle prime pietre della Torre, costruita a partire dal 1338 al 1348, dai perugini Muccio e Francesco Di Rinaldo.
La Torre è interamente realizzata in laterizio con coronamento in pietra e cella campanaria, su disegno forse di Lippo Memmi. Quattrocento sono gli scalini che permettono l’accesso fino alla sommità della Torre, alta 88 metri, da cui si può ammirare uno splendido panorama.
Santa Maria della Scala
Il Santa Maria della Scala, uno dei più antichi ospedali europei, da alcuni anni ha esaurito le proprie funzioni sanitarie ed è stato (e in parte lo è ancora) oggetto di una importante operazione di recupero a fini museali e culturali. Questo grande complesso, situato nel cuore di Siena, di fronte alla Cattedrale, conserva straordinariamente integre le testimonianze di mille anni di storia, restituendo un percorso che, dall’età etrusca e romana, dal Medioevo al Rinascimento, giunge ininterrotto sino a noi.
Una sintesi unica dove si confondono le immagini di civiltà etrusche, pellegrini stanchi, viandanti e malati, nobili signori, imperatori bizantini, bambini abbandonati e confratelli preganti. E sulle tracce di tante suggestioni si alternano monumentali ambienti, angusti corridoi, improvvisi e coloratissimi affreschi con storie di vita, oscure cripte, intrecci di gallerie scavate nel tufo e immensi spazi voltati a mattoni.
Il Santa Maria della Scala non si presta quindi ad una lettura univoca e anche se i più grandi artisti vi hanno lasciato preziose e rare testimonianze, il grande edificio (350.000.000 metri cubi) è soprattutto la splendida sintesi della città e della sua storia. La particolarità consiste proprio in questo: è un contenitore dove architettura, opere d’arte e storia raccontano una vita che continua senza interruzioni da mille anni.
Chiesa di Sant Agostino
Di origine duecentesca, ha subito numerose modifiche nel corso dei secoli. Distrutta da un incendio nel 1747, fu rifatta dal Vanvitelli. Comprende un giardino, antistante il monumento, da cui si gode una bella vista sulla città e sulla campagna. Chiusa al pubblico nel 1982 ed in seguito utilizzata come sede espositiva, conserva, nell'ampio spazio interno ad una navata, una Crocefissione di Perugino, nella Cappella Piccolomini, la Maestà affrescata da Ambrogio Lorenzetti, e nell'altare l'Epifania, uno dei capolavori del Sodoma.
Chiesa di San Domenico
Gran parte della vita mistica di Santa Caterina si è svolta tra le mura di questa stupenda Basilica che è una delle prime dedicate al suo Santo Fondatore fu cominciata dai domenicani nel 1226 sul colle di Camporegio donato all’ordine dalla famiglia Malavolti. E’ da attribuirsi a quest’epoca gran parte dell’attuale navata a pianta rettangolare con tetto a travature scoperte di stile gotico cistercense. Nella chiesa è conservata una magnifica maestà di Guido da Siena (maestro di Duccio di Boninsegna) datata 1221. All’inizio del 1300, e per molti anni si lavorò nel dirupo scosceso di Fontebranda per fondare e tirare su i muri di quella che fu detta la Chiesa nuova (cripta e transetto). Quando Santa Caterina cominciò a frequentare San Domenico, si era già a buon punto coi lavori di ampliamento. Nella Cripta fu accolta la salma del padre della Santa. Nel transetto furono costruite sei cappelle che fanno ala all’abside. Dopo la canonizzazione della Santa nel 1461 la Basilica accolse i più preziosi codici cateriniani e molte reliquie.
La reliquia più insigne, la Sacra Testa, era stata portata da Roma a Siena dal Beato Raimondo da Capua nel 1383. Messa da prima in un busto di rame fu poi collocata in un busto d’argento. Nel 1711 si pensò di renderla più visibile e fu collocata in un’urna a forma di lampione, eseguita da Giovanni Piamontini (recentemente restaurata), nella quale rimase fino al 1947, quando i domenicani decisero di collocarla nell’attuale urna in argento e smalti a forma di tempietto gotico. Completati tutti i lavori, durati quasi due secoli, la Basilica fu dedicata interamente alla Santa. Anche sull’altissima guglia del campanile fu issata una statua di Santa Caterina. Durante i secoli la Basilica ha subito vari danni, nel 1798 un terremoto devastò la struttura che fu prontamente restaurata, poi la Basilica fu lasciata a se stessa e restaurata anche male, finalmente si iniziarono i restauri nel 1940 che si conclusero nel 1962. Durante questi anni la Basilica fu sottoposta ad un radicale ripristino. Si consolidarono le fondamenta, fu restaurata la Cappella delle Volte dove è conservato il ritratto originale della Santa dipinto da Andrea Vanni e nella quale la Santa ha avuto varie esperienze mistiche. Oggi la Basilica si presenta come la vollero i Padri Domenicani è diventata un centro importante per la spiritualità e i pellegrini sono accolti dai Padri Domenicani e possono pregare davanti alla reliquia della Santa.
Chiesa di San Francesco
A Siena i primi insediamenti francescani, risalgono agli inizi del Duecento, la chiesa fu però costruita in stile gotico tra il XIV ed il XV secolo, forse su disegno di Francesco di Giorgio. Nel 1655 la chiesa venne distrutta da un incendio, poi restaurata da Giuseppe Partini tra il 1885 e il 1892; la facciata venne ricostruita tra il 1894 ed il 1913 da Vittorio Mariani e Gaetano Ceccarelli, mentre l’elegante campanile venne costruito nel 1765 da Paolo Posi.
L’interno è molto grande, ripristinato nel 1892 nelle sue originarie forme gotiche, è a croce egiziana ad una sola navata con cappelle nel transetto, ha tetto a capriate e le pareti si caratterizzano per le fasce alternate di pietra bianca e nera, tutto è illuminato dalle grandi bifore e dalla quadrifora absidale, secondo il semplice stile francescano del secolo XIV.
Lungo le pareti del corpo longitudinale, si conservano straordinari affreschi di scuola senese del primo Quattrocento, e nella testata destra del transetto una statua di San Francesco del XIV secolo, la facciata interna reca due affreschi del Sodoma e del Sassetta.
Nella seconda cappella a destra del coro, si può ammirare la Tomba di Cristoforo Felici, eseguita da Urbano da Cortona nel 1462, mentre nella prima una Madonna col Bambino, un affresco a finto polittico forse di Andrea Vanni.
Nella prima cappella a sinistra del presbiterio è invece possibile ammirare l’affresco di Pietro Lorenzetti la Crocifissione del 1331, mentre la seconda cappella del braccio sinistro del transetto, conserva altri due capolavori di affreschi di Ambrogio Lorenzetti rappresentanti San Ludovico di Angiò dinanzi a Bonifacio VIII e il Martirio dei sei Francescani a Ceuta.
Di fronte è la cappella del Sacramento a graffito del Marrina (1502), dalla porta di sinistra si entra in un ampio ed armonioso chiostro rinascimentale nel quale sono collocati vari frammenti di sculture, tra i quali il Portale della cappella Petroni (1336) attribuito a Domenico D’Agostino, dalla porta di destra si giunge al Seminario, nella cui cappella interna, al piano superiore è la celebre Madonna del latte, capolavoro di Ambrogio Lorenzetti e un affresco a finto polittico di Lippo Vanni.
Nel convento di San Francesco, sul lato destro della chiesa e nel chiostro rinascimentale, oggi hanno la loro sede la facoltà di Economia e la Biblioteca del Circolo giuridico.
Chiesa di Santa Maria dei Servi
La chiesa di Santa Maria dei Servi, della fine del Duecento, fu ingrandita nel secolo successivo e poi radicalmente trasformata, secondo un impianto rinascimentale, a tre navate, tra il 1471 ed il 1528.
Alla semplice facciata ove emergono i segni di questi rifacimenti, s'accompagna un poderoso e bel campanile della fine del Duecento, tuttavia ampiamente restaurato e rifatto nel 1926.
Nel suggestivo e maestoso interno, a croce latina, nel secondo altare della navata destra si trova la bella tavola detta la "Madonna del Bordone" che fu dipinta dal fiorentino Coppo di Marcovaldo nel 1261, quando era prigioniero dei senesi, dopo la battaglia di Montaperti. Questa tavola venne poi rifatta nel Trecento da un allievo di Duccio da Boninsegna.
Nel terzo altare, sempre a destra, spicca una bella Natività della Madonna del pittore barocco senese Rutilio Manetti e nel quinto altare una tragica strage degli Innocenti del quattrocentesco Matteo di Giovanni.
Nella seconda cappella del transetto destro, altra strage degli Innocenti, ma questa volta si tratta di un affresco trecentesco di Pietro Lorenzetti.
Nella seconda cappella del transetto sinistro, sulle pareti, affreschi trecenteschi di Pietro Lorenzetti, mentre nella cappella di fondo, sempre del transetto sinistro, ecco la bella immagine della Madonna del Manto, dipinta da Giovanni di Paolo, nel 1436.
Chiesa di San Niccolò
Costruita in epoca molto antica l’aspetto odierno si deve al Peruzzi, che la rimaneggiò nel s. XVI. San Niccolò al Carmine conserva al suo interno numerose opere d’arte, sulla parete destra c’è l’affresco di Arcangelo Salimbeni con l’Adorazione dei pastori; adiacente al primo altare è collocato un frammento dell’affresco di Gualtiero di Giovanni che raffigura l’Assunzione di Maria; nel secondo altare, si trova lo straordinario dipinto di Domenico Beccafumi (1486-1555) con la raffigurazione di San Michele.
Museo dell’Opera
Uno dei musei più affascinanti e ricchi di Toscana, che conserva le opere d’arte provenienti dal Duomo e soprattutto i capolavori di Duccio di Boninsegna. La Maestà, dipinta dal maestro a inizio duecento è uno dei punti più alti di tutta l’arte medievale, le dimensioni impressionanti e la complessità intrisa di bellezza dell’enorme tavola, la rendono un vero must per chi visita Siena. Ma il museo permette anche di ammirare da vicino la grande vetrata che Duccio fece intorno al 1290 e le statue che nello stesso periodo scolpì Giovanni Pisano per la facciata del Duomo.
A tutto questo e in aggiunta agli impareggiabili gioielli e oreficerie del tesoro il visitatore può salire sul “facciatone” che permette, salendo i suoi stretti scalini, di godere di uno dei panorami più belli offerti dal nostro paese, stando in cima a quello che rimane il sogno infranto dell’orgogliosa Repubblica di Siena, la costruzione della più grande cattedrale gotica dell’epoca.
Pinacoteca Nazionale
All’interno del Palazzo Buonsignori, dimora quattrocentesca, è conservata una delle collezioni di pittura più ricche del paese. Il nucleo principale è quello dei pittori della grande scuola senese del ‘300: Duccio di Buoninsegna con la piccola Madonnna dei Francescani e un suo polittico, Simone Martini, con una stupenda Madonna col Bambino e la tavola del Beato Agostino Novello. Le grandi opere di Pietro e Ambrogio Lorenzetti di cui ci rimangono tra gli altri, del primo una bellissima “Madonna in trono con bambino”con predella per i carmelitani e del secondo l’”Allegoria della Resurrezione” e l’Annunciazione. Le prima sale sono dedicate ai pittori duecenteschi, come Guido e Rinaldo da Siena. Quelle del secondo trecento ospitano anche le due tavolette di vedute, considerate tra le prime a rappresentare puri paesaggi, variamente attribuite (adesso si pensa a un pittore dell’inizio del ‘400, ma si è teorizzato una paternità di Ambrogio). La pittura rinascimentale senese trova qui il luogo di conservazione più importante di quella che fu una scuola di grande rilievo tra il ‘400 e il ‘500. I capolavori maggiori di questa epoca sono le opere di Francesco di Giorgio Martini (Incoronazione della Madonna), di G. Antonio Bazzi, conosciuto come Sodomia, di cui il Cristo alla Colonna e la Deposizione, di Domenico Beccafumi di cui si possono vedere la Natività della Vergine e le Stimmate di Santa Caterina ma soprattutto l’incompita “San Michele scaccia gli angeli ribelli” rifiutata dai Carmelitani per le troppe nudità. La collezione ospita anche i capolavori dei pittori del ‘600 come Bernardino Mei, ma anche opere di Duerer e Lotto.
Oratorio di San Bernardino
L'Oratorio della Compagnia di San Bernardino a Siena è un pregevole luogo di culto a pochi passi dal Duomo, dove è stato sistemato, grazie ad alcune sale attigue, il nuovo Museo diocesano di arte sacra.
Presenta una facciata a capanna in mattoni, abbellita da un portale in travertino datato 1574 e, in alto, da un disco raggiato con il trigramma bernardiniano. La confraternita, già detta di Santa Maria e San Francesco (1273) e della Madonna della Veste Nera di San Francesco (XIV secolo), assunse il titolo di San Bernardino nel 1450, dopo la canonizzazione del religioso senese.
Il Museo diocesano permette di ammirare una panoramica della pittura senese a cavallo tra il XIV e il XVII secolo. Alcuni affreschi, provenienti dalla chiesa di San Francesco, sono opera di Pietro Lorenzetti e Ambrogio Lorenzetti, quest'ultimo autore anche della Madonna del Latte.
Il Vecchietta dipinse nel XV secolo una pala del Cristo in pietà, completato da un gruppo in legno policromo dello stesso autore. Al Cinque-Seicento risalgono le pale d'altare nell'oratorio e nella piccola quadreria detta la Soffitta: un Cristo portacroce di Domenico Beccafumi, alcune piccole tavole del Sodoma e del Riccio, oltre ad opere di Ventura Salimbeni, Alessandro Casolani, Rutilio Manetti e Bernardino Mei.
La sala dell'Oratorio Superiore ha un soffitto a cassettoni decorato da teste con cherubini; le pareti sono affrescate con Storie della Vergine del Pacchia, del Sodoma e del Beccafumi.
Santuario della casa di Santa Caterina
Dove sorgeva l'abitazione paterna di Santa Caterina a partire dal 1464 furono costruiti gli edifici che vediamo oggi.
Il Santuario è costituito dall'Oratorio Superiore – che era la cucina, dall'oratorio inferiore – la stanza di lavoro del padre che si chiamava Jacopo, ed era un tintore –, dall'Oratorio della Camera – che era la camera di Santa Caterina e, infine, dalla chiesa del Crocifisso, che fu elevata sull'orto della casa.
Santuario della casa di Santa Caterina
Dove sorgeva l'abitazione paterna di Santa Caterina a partire dal 1464 furono costruiti gli edifici che vediamo oggi.
Il Santuario è costituito dall'Oratorio Superiore – che era la cucina, dall'oratorio inferiore – la stanza di lavoro del padre che si chiamava Jacopo, ed era un tintore –, dall'Oratorio della Camera – che era la camera di Santa Caterina e, infine, dalla chiesa del Crocifisso, che fu elevata sull'orto della casa.
Santa Caterina visse tra il 1347 ed il 1380 e fu una terziaria domenicana; divorata dall'amore per Gesù Cristo ebbe il dono delle stimmate e fortemente si adoperò per una riforma della Chiesa e per il ritorno del Papa da Avignone in Roma: il che avvenne nel 1377. I suoi scritti, di grande forza mistica, sono una rilevante testimonianza di alta spiritualità. Proclamata santa nel 1461, nel 1939 fu dichiarata, assieme a San Francesco, compatrona d'Italia; la sua festa si celebra il 30 aprile.
Nell'Oratorio Superiore si vedono 17 dipinti, lavorati nel ‘500 e nel ‘600, che narrano la storia della Santa.
Nell'Oratorio del Crocifisso, assieme al crocifisso duecentesco su tavola, davanti al quale la Santa ricevette il dono delle Stimmate, si nota all'altare di sinistra, la bella tela del pittore barocco senese Rutilio Manetti, raffigurante l'apoteosi di Santa Caterina. L'Oratorio della Camera è suggestivo, non tanto per le opere d'arte che lo ornano, quanto perché vi è annessa la cella dove abitava e pregava la Santa.
L'Oratorio Inferiore è più conosciuto sia come chiesa di Santa Caterina in Fontebranda, che come Oratorio della Contrada dell'Oca. È una bella costruzione quattrocentesca che conserva all'altare una espressiva statua lignea colorata della Santa, scolpita dal senese Neroccio di Bartolomeo circa il 1474.